Bellotti, Perticoni, Sgroi - Arte e Natura - Sui Confini del Sogno
La pittura apre una finestra sull'immaginario, è uno specchio del mondo, oppure l'aldilà dello specchio, ed elabora sempre delle rappresentazioni di confine, che sembrano in procinto di svanire. La scultura, invece, sta nel mondo, è una cosa tra le cose, che interpola i corpi e gli oggetti e che occupa uno spazio ben circoscritto nel paesaggio. Questo trittico di scultori, che prosegue l'ipotesi di un'arte al servizio della sopravvivenza è, per dir così, destinato agli spazi luminosi dell'estate, è da vivere in un atelier all'aperto, tra le piante di quel nuovo giardino di Bomarzo che rappresenta la straordinaria area arborea e museale di Ca' la Ghironda. I tre giovani scultori formano un insieme problematico, ma proprio per questo ci offrono la possibilità di evocare una intensa interazione dialettica. Antonio Sgroi è uno scultore che lavora con i materiali tradizionali del bronzo e del marmo e che costruisce fontane, come quella labirintica di Savignano sul Panaro. Mescolando forme anatomiche ingigantite, come un superorecchio, oppure uova alla Brancusi, sospese tra relitti di colonne tortili, evocando nudi femminili e personaggi mitologici, la scultura di Sgroi assume, a poco a poco, una valenza onirica, che la pone su quel confine dove le forme sfumano e acquistano uno spessore simbolico. Simone Bellotti e Gianluca Perticoni sono totalmente diversi da Sgroi, costituendo l'altro polo dialettico di questa mostra e presentano, invece, tra loro, numerose concordanze stilistiche, ma soprattutto di metodo, che consiste in un riassemblaggio creativo. Per capire ambedue nasce quasi la necessità di fondare una estetica della discarica. Specializzato in rottami di macchine da scrivere, Gianluca Perticoni, e, votato ai più diversi materiali di recupero, Simone Bellotti, i due artisti danno vita a delle sculture che sono dei ready-made aiutati, nel senso di Duchamp, prodotti con un ars ricombinatoria sapiente che, assegnando ai pezzi di recupero una destinazione non più funzionale, ma figurale, ottengono dei corpi riconoscibili, iconemi più che icone, nella fattispecie di animali. Gianluca Perticoni elabora insetti e scheletri di dinosauri chimerici, Simone Bellotti ci offre una sua versione degli scimpanzè in procinto di evolversi, del film "2001, Odissea nello spazio" di Kubrick, mobilitando una metafora dell'origine dell'uomo ripensata coi relitti della sua tecnologia. Un trittico di scultori dove una tradizione che lavora al suo rinnovamento e una avanguardia che riassembla i rifiuti del reale, ci offrono la possibilità di attivare un fruttuoso confronto estetico, e forse perfino ontologico.
Tratto dalla presentazione del Professor Giorgio Celli tenuta in occasione dell’inaugurazione della mostra
(9 luglio 2004)
Locandina della mostra