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Teatro delle Ceneri presenta “Progetto Euridice ”

Teatro delle Ceneri presenta “Progetto Euridice ”

Una produzione di Giorgio Celli, Interpretato da Claudio Beghelli
16 dicembre 2007

Teatro delle Ceneri presenta “Progetto Euridice ”
Una produzione di Giorgio Celli, Interpretato da Claudio Beghelli

16 Dicembre 2007

Dal racconto omonimo di Giorgio Celli

Adattamento teatrale, ideazione scenica e regia di Stefano Seproni e Claudio Beghelli
Suoni e musiche di Matteo Cincopan
Scenografia elettronica di Daniele Travaglini

"È l’uomo stesso che desidera l’inferno, lo coltiva nei suoi pensieri e lo crea con le proprie azioni" – Friedrich Dürrenmatt

Un noir filosofico, ma anche fantascientifico; oppure: un giallo psicologico; o ancora: un racconto del terrore. Se volessimo darne una definizione ‘di genere’, dovremmo affermare che la novella da cui ha origine il monologo che vi proponiamo, «Progetto Euridice», è tutto questo; ma non ne esauriremmo, certo, la complessità, la ricchezza e la molteplicità dei significati.
Si tratta – come il titolo stesso suggerisce – di una folgorante e avvincente parabola, che intreccia – rivisitandoli e reinventandoli in chiave, per dir così, post-moderna e tecnologica – il mito di Orfeo insieme a quello di Pigmalione, ponendoli nella cornice di una originale e disincantata riflessione riguardante i pericoli ‘faustiani’ della conoscenza e le disastrose conseguenze dell’impiego dei risultati delle indagini scientifiche contemporanee per scopi criminosi, utili soltanto a gratificare la cinica e crudele brama di dominio sulle cose e le persone che condiziona l’agire dell’uomo, in tutte le circostanze della vita.
Riferendosi, metaforicamente e per analogia, a questi personaggi mitici (che, al pari di ogni classico, sono – come scrive Claudio Magris, riprendendo e parafrasando Valery – “consacrati per sempre all’espressione di taluni estremi dell’umano e dell’inumano”, ed interpretano, in ogni tempo, “le più profonde ragioni storiche ed esistenziali della civiltà”1 ), Celli narra la vicenda di un medico, ossessionato dall’idea di ‘iscrivere la bellezza nella carne’, che sfida l’ineluttabilità del destino e la fatalità della morte, tentando di ricreare – funesto demiurgo – la donna che ha amato e perduto tragicamente, come fosse una statua in carne ed ossa. E si illude di poter cancellare le proprie colpe semplicemente omettendole dalla memoria di questa sua opera d’arte vivente.
Questa storia – solo apparentemente paradossale – ci ricorda come l’uomo d’Occidente, “fin dai tempi più remoti”, non si sia accontentato di “sognare nella mente, ma” abbia “proiettato i propri miti”, i propri desideri e le chimere dell’immaginazione “nel mondo, fantasticando, per dir così, nella materia”2 – sono parole dello stesso Celli. In altri termini: “al penso dunque sono”, il nostro protagonista (e tutti i suoi simili con lui) ha aggiunto – mediante la tecnica – “un lo penso dunque esiste”3. “Ma attenzione!” – scrive ancora Celli. “Perché i nostri sogni, spesso, sono degli incubi”4. Con la tracotante volontà di ridurre ciò che è reale a ciò che è razionale, di controllare positivamente la natura e ‘correggere’ il corso casuale degli eventi, con la folle, diabolica aspirazione a ‘rifare la creazione’ a nostra immagine e somiglianza, abbiamo distrutto il pianeta e ipotecato il futuro.

Claudio Beghelli

1 C. Magris, “Utopia e disincanto”, Garzanti , 1999 [p. 239].
2 G. Celli, “Le farfalle di Giano”, Feltrinelli, 1989 [p. 16].
3 Ibidem [p. 20].
4 Ibidem [p. 19].

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