Spazio Atelier

PIGNATTI MORANO LODOVICO

Nato a Imola nel 1958

Nato a Imola nel 1958 eredita il suo interesse per la fotografia dal nonno, ma è tra l’Inghilterra e Vienna che compie le sue prime sperimentazioni e consolida la sua passione.
A Bologna, durante gli studi universitari, frequenta il Circolo Fotografico Bolognese dove ha la possibilità di confrontarsi con fotografi prestigiosi.
Figlio di un diplomatico ha viaggiato ed incontrato differenti culture: da Roma al Sud Africa, da Vienna a Londra, ora vive a Bologna, ma continua a viaggiare per piacere e per lavoro. Si occupa professionalmente di fotografia da 25 anni.
La scelta del bianco e nero nelle fotografie in mostra, dallo scatto alla stampa finale eseguita manualmente dall’artista, permette attraverso i chiaroscuri la massima espressione dell’esaltazione della materia.

Ha esposto i suoi lavori in numerose mostre sia personali sia collettive, in Italia e all’estero

Recensioni e testi critici
BELLEZZE DEI GHIACCI

La macchina fotografica costituisce uno strumento tecnologico ideale per chi voglia indagare i rapporti tra la scienza e l’arte, e non è difficile capire il perché. La macchina fotografica deriva direttamente dalla camera oscura, un congegno inventato da Leonardo, e che è stata adoperata dai pittori, dal Dürer al Canaletto, per dir solo due di loro, per rappresentare in modo sempre più conforme il reale. La camera oscura si valeva di un fenomeno fisico, la diffrazione della luce attraverso un foro provocato nella parete di una camera meno illuminata che all’esterno. Sulla parete di fronte al foro si formava l’immagine rovesciata del mondo antistante, consentendo al pittore di sbozzare un primo disegno come base per l’opera vera e propria. Quando si scoprì che i sali d’argento spalmati sulla parete con funzione di schermo, precipitavano formando un’immagine durevole, si capì che era nata una nuova forma d’arte. In questo atelier, che ha fino ad oggi esposto artisti per i quali la scienza, la tecnologia o la natura avevano funzionato come muse ispiratrici, non potevamo esimerci dal presentare un fotografo. Cominciamo col dire che Lodovico Pignatti Morano si presta egregiamente ai nostri scopi, non solo perché impiega con prestigio il suo mezzo, ma anche perché è particolarmente interessato a cogliere quegli aspetti della natura che contengono degli elementi di casualità e di imprevedibilità, sublimati, come per una misteriosa alchimia, in bellezza. Si tratta di quei lusus naturae, che da sempre hanno coinvolto la fantasia degli artisti, da Leonardo a Salvador Dalì, e che sembrano simulare, in maniera beffarda e forse un po’ diabolica, l’opera dell’uomo. Un universo dove questi fenomeni si manifestano con grande ricchezza e profusione di forme è quello dei ghiacci. Si sa che i cristalli di neve si esprimono, dal canto loro, in un numero infinito di forme geometriche, ma il ghiaccio opera spesso come un vero e proprio scultore d’acqua, trasformando i paesaggi del mondo in un atelier di pinnacoli, di torri, di castelli immaginari abitati da minuscole creature siderali, in ghirigori di misteriose scritture, in strutture simili a opere d’arte astratte. Lodovico Pignatti Morano ha saputo cogliere questa sorta di aurora boreale solidificata e ce l’ha restituita come un evento ottico che attiva l’immaginazione e che costituisce un innesco visivo per i sogni. Le sue fotografie sembrano celebrare il ghiaccio come artefice di sculture fatte d’acqua, da porsi nel museo di un perpetuo inverno.

Giorgio Celli

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