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Lamberto Caravita - Arte e Natura

Lamberto Caravita - Arte e Natura

dal 26 novembre al 15 dicembre 2007
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Il fuoco, uno dei quattro elementi dei presocratici, è quello prometeico per eccellenza. Il fuoco si erge come una barriera ontologica, tra l’animale, che lo teme e lo subisce, e l’uomo, che lo alimenta e lo signoreggia. Ha scritto Edgarde Morin che l’uomo preistorico, inventando il fuoco, ha difeso con i roghi il suo accampamento e ha cominciato, emancipato dalla paura delle belve, a dormire più profondamente, e in questo sonno da abisso sono venuti ben presto i sogni. Per cui se il fuoco è il signore dei sogni, Lamberto Caravita lo ha messo al proprio servizio e, come un alchimista del nostro tempo, ha fatto ricorso a una tecnica fondata sul fuoco, la pirografia, rendendo visibili i suoi miraggi estetici. Questa tecnica, praticata su legno, che non consente errori, è rara, ed il Caravita è il primo artista in cui mi sono imbattuto che l’adoperi, ottenendo risultati di una sorprendente bellezza. Sembra quasi un paradosso che, se gli animali temono il fuoco, sia proprio il fuoco il mezzo con il quale Caravita rappresenta i suoi animali. Oppure le sue piante, che costituiscono un erbario onirico, destinato a un misterioso museo, dove il demonio si sia esercitato con le fiamme dell’inferno a simulare la creazione. Ma non solo le piante e gli animali costituiscono per Caravita dei modelli da pirografare: in accordo con Roger Caillois, egli scopre nei minerali una recondita bellezza, quelle geometrie nascoste del mondo che Galileo ha teorizzato e che i cubisti hanno tentato di rendere in pittura. C’è in Caravita, inoltre, un desiderio di salvaguardare la natura con la pittura: i suoi ritratti di animali visti come bersaglio, sono un invito, non a sostituire il fucile con la macchina fotografica, ma a sedare la nostra aggressività colpendo le loro immagini, magari con delle freccette. L’uomo preistorico colpiva il bisonte dipinto come anticipazione magica per abbattere quello reale, Caravita, in tempi di ecocidio, ci suggerisce di colpire soltanto l’immagine.

Giorgio Celli

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