Spazio Atelier

PORTAS ERNESTO

Badalona (Spagna) 1938

Nato a Badalona (Spagna) nel 1938.Vive e lavora a Livorno.Ha al suo attivo 120 Mostre nelle maggiori gallerie italiane, oltre che in Inghilterra, in varie città spagnole e in Costa Rica dove una sua mostra, a San Josè, ha inaugurato il primo museo estero di arte contemporanea italiana.E' apparso, a firma di qualificati critici d'arte sui più importanti quotidiani e riviste specializzate.Il suo percorso artistico è contenuto in 14 monografie.

Recensioni e testi critici
Ero a Banari per la festa del Patrono, San Lorenzo.Dopo un saluto ai miei concittadini mi sono recato alla Fondazione Logudoro Meilogu (Museo d’Arte Contemporanea), per conoscere il lavoro scientifico di Ernesto Portas, di cui avevo più volte sentito il racconto artistico.
Di fronte alle opere, dopo alcuni passi frettolosi per una visione d’insieme, notai i diversi modi di espressione dell’artista e mi resi conto che trattavasi di un’antologica, delle sue esperienze giovanili di tipo carnose e succulente per segno, materia e colore. Anch’io andai repentinamente alle mie reminescenze giovanili, dove, nell’infuocate estati polironiane, coglievo il succo per le mie tele.Poi, fui immediatamente risucchiato da una moltitudine di immagini femminili ed, attentamente, mi soffermai a lungo per studiare il pensiero delle mie riflessioni.
Queste figure derivavano da una materia calda; sono in pose manichen-inforni; sono di una compiacente dolcezza, ma sono anche languide, e cerco, anzi vorrei intuire il perché di tali espressioni.Non conosco l’artista e non ho quindi la possibilità di interloquire direttamente con lui, perciò seguo il mio pensiero con un’attenzione psico-analitica.
Queste figure mi ricordano donne faziose ma ricche di pathos; sono esseri inquietanti, sole nel loro fascino, in uno stato di angoscia esistenziale, donne vissute per una vita difficile, ma ricca di pulsioni essenziali nel loro intimo, come un lamento, un dolore sordo ma continuo di una vita sobria, stenta esistenzialità ma con una coscienza dello spazio e del tempo segretamente struggente.
Certi stilemi ci conducono alla donna dai lunghi colli di Modigliani; donne sottili, esili ma non anoressiche. Sono esseri carichi di un travaglio, ripeto, di tipo esistenziale: sguardi fissi e concentrati, impressioni visive e forti emozioni; donne che vivono la lunga notte al lume della candela o nei bui riflessi; certamente esprimono la loro condizione di vita, evocano aiuto sommesso o compromissione coscienziosa, tutte però vivono di precisione, leggerezza nel tratto, spontaneità e freschezza.
Donne nude od apparentemente avvolte nei veli della natura, certamente diversi modi di bellezza femminile, perché sicuramente carichi di plurime idee della psiche dell’artista, delle sue pulsioni, sensazioni, percorsi intellettivi e sensitivi-sensoriali.
L’artista sicuro del segno, della materia e del colore, reinventa una donna nuova, ed in possesso delle proprie capacità tecniche cerca nell’arte quella coscienza del proprio valore nel quale consiste propriamente il suo stile.
Ernesto Portas è un cantore di vita, che costruisce personaggi ricchi di segreti dell’essere, grevi di violenze ed ingiustizie sociali e carichi di sensazioni ed affettività che ci portano a respirare nella valle dell’amore e nell’esistenziale spirituale.

Francesco Martani

Accolgo con empatia la mostra di Ernesto Portas nel Modern Art Museum di Ca’ la Ghironda. La motivazione risiede ovviamente nelle caratteristiche del fare arte del pittore e nella sua coinvolgente capacità tecnica evocatrice e stimolatrice di emozioni.
Nella mostra allestita con passione e professionalità dal promotore Gregorio Rossi già presso la Fondazione Logudoro Meilogu di Banari, ho percepito, fin dall’epoca, la freschezza del progetto, la facilità della comunicazione artistica e pittorica dell’artista, la possibilità da parte dell’utente di trarre stimoli attraverso le immagini che l’artista stesso ha avuto la volontà e, attraverso il gesto, la capacità di proporci. E, nella circostanza, mi sono posto la consueta riflessione: nella gestione di un museo d’arte si ha l’arduo compito di scegliere, oggi, fra le enormi quantità di proposte e materiale disponibile sul mercato.
Non è facile dire sì, accogliere un progetto e nel contempo cassarne inesorabilmente un altro se non si hanno punti fermi nell’idea di quel che sia importante proporre al fruitore delle prestazioni artistiche. Ho sempre ritenuto che un luogo museale debba essere, sì, un contenitore di contenuti, ma anche un …“trasmettitore” di messaggi, di linguaggi e di espressioni soprattutto emozionali. Ho sempre inteso questi luoghi come l’occasione di un “viaggio” nei mondi psichici e talvolta alchemici dei pensieri, dei sogni realizzati o irrealizzabili, dei desideri più reconditi degli artisti, delle ossessioni, talvolta, o delle memorie per le quali essi stessi hanno vibrato e vissuto.
L’occasione di una mostra è pertanto l’immancabile ripetersi del faccia a faccia fra le intenzioni di chi ha la responsabilità della scelta e l’estrinseco desiderio del messaggio artistico; è il momento di definire responsabilmente il perché la decisione ricada sul tale artista piuttosto che sull’altro e, inesorabilmente, il momento del confronto (quasi di lotta oserei dire) fra la ragione-sentimento e il sentimento-ragione. Portas mi ha semplicemente convinto per la trasparenza e leggerezza del suo linguaggio tecnico, formale e generosamente cromatico, di indubbia valenza. A volte espressionista e di tratto macchiaiolo, in altre o, ancora, d’ispirazione fauvista? Di efficace soggetto iconico, comunque.
Ma non solo; il suo gesto forte e deciso – e, nel periodo più recente, quasi stilizzato da designer della figura -, caratterizza una matrice abile e immediata. I suoi contrasti accesi e netti si tramutano caparbiamente, sotto una maestrìa tecnica rigorosa, consolidata e sperimentata anche nelle pregresse esperienze paesaggistiche, in una leggerezza poetica e in un’originalità linguistica che lo distingue fra i contemporanei. Una capacità, la sua, guidata da un’alta tenuta del segno e da una rara abilità di gestione della luce e dell’immagine, dei suoi contorni, delle sue profondità, dei pensieri tradotti in opera. E nonostante l’alta modernità del tratto estetico delle “sue” donne, l’arte di Ernesto Portas è un sentimento intimale, trasfuso con energia e colore sulla superficie già divenuta a volte soffice, altre volte virulenta, ma sempre e comunque calda da poterla accarezzare - e non inquisire - con lo sguardo.

Vittorio Spampinato

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