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Luca Leonelli - Arte e Natura - In compagnia degli insetti

Luca Leonelli - Arte e Natura - In compagnia degli insetti

dal 19 aprile al 8 maggio 2004
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Se è vero che tutti gli uomini hanno un totem, un animale o una pianta, che, spesso senza saperlo, hanno sacralizzato nel loro cuore, gli artisti confessano nelle loro opere, senza troppi infingimenti, queste loro predilezioni. Hogarth amava i cani, e Klee idolatrava i gatti, ma se è facile immaginare come si possa prediligere questi nostri animali da compagnia, Luca Leonelli, benché abbia dipinto anche dei cani, spesso mostruosi però, dimostra, dal canto suo, delle propensioni davvero singolari: ama soprattutto gli insetti. E di questo popolo innumerevole, non preferisce mica le farfalle, che si incendiano dei più vivaci colori nel sole, e neppure l'ape, la laboriosa alchimista del miele, Leonelli si dedica in pittura ai moscerini che salgono come dei lapilli freddi dai vapori del mosto, alle mosche che frequentano le nostre case, ai gorgoglioni che infestano i fiori, all'umile formica che ad ogni passo rischiamo di calpestare. Queste infime creature sono per lui dei giocolieri delle forme, dei protei minuscoli che esibiscono le loro strutture, strabilianti macchine di sopravvivenza, e spesso di una orrida bellezza, sui confini del visibile. Da un certo punto di vista, Leonelli traccia la mappa di una sua sommersa Atlantide entomologica, che non rappresenta, ma che, parafrasando un aforisma di Klee, rende visibile. I suoi insetti sono naturali e insieme, vorrei dir così, culturali, figure chimeriche mescolate con parole, e poste a confronto con strutture geometriche assediate ed erose, quasi metafore dell'ordine perennemente posto in forse dal caos. Leonelli è l'esploratore delle terre incognite, dove vivono degli esseri che sono dappertutto, ma che nessuno vede. La sua poetica, di pittore presente al suo tempo, punta sull'alieno, sul lontano, sullo strano. E in tal senso, benché remoto, sembra perdurare in queste sue fantasticherie biologiche il fantasma di un certo surrealismo, alla Rostand più che alla Breton. Ma il suo intento non è quello di spaesarci e di sorprenderci: con una pittura fatta di sciabolate cromatiche e di macrocosmi in espansione esplosiva, vuole ricordarci che spesso quello che più ci sembra dissimile, fa invece parte di noi stessi, e che, l'amore per la diversità, accresce la nostra umanità.
In tal senso, l'insetto è un mentore!



Giorgio Celli

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